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Clover Club

statehouse“Who enters here leaves care behind, leaves sorrow behind, leaves petty envies and jealousies behind.”
Questo è il motto bellissimo del “Clover Club, il club del trifoglio, l’esclusivo locale dell’Hotel Bellevue-Stratford di Philadephia,  dove erano soliti trovarsi le persone in vista della città per potersi godere una bevuta in santa pace dopo gli impegni lavorativi.
Qui si riunivano anche, una volta al mese, i giornalisti della città per discutere, bere e mangiare.
Le riunioni andarono avanti ininterrottamente dal 1882 al 1920.
Il club nasce in ambiente culturale effervescente ed in periodo storico irripetibile, che vede la nascita del cinema, dell’aviazione e dell’elettricità nelle vie cittadine.
cloverclubIl mix era sicuramente il cocktail della casa inventato dai barman che lavoravano nel club ed era la loro firma.
Il gin ovviamente la fa da padrone come base alcolica e non potrebbe essere quasi diversamente visto il ruolo egemonico che aveva questo distillato nel periodo, dove però perde il suo compagno ideale di viaggio, il vermouth, in luogo del succo di lampone, una altro must americano di cui però si è perso l’uso.
Il cocktail viene definito come un “all day” in considerazione della sua carica alcolica bassa (confrontata con i pari dell’epoca ovviamente), e della sua dolcezza.
Nel 1941 la rivista Esquire lo definisce soprattutto un drink per donne (attirando le ire di quelle donne che sono stanche di sentirsi dire che le donne bevono dolce e poco alcolico).
Ma la verità per una volta è questa.
La schiuma setosa, il colore che tende al rosa a secondo della quantità di lampone (una storia analoga al Cosmopolitan ed all’uso del cranberry…) ne facevano il cocktail ideale per le prime signore del club.
Non è infatti un mistero che questi club fossero per soli uomini e che fu la signora Boldt, moglie del titolare, a volerne la sua apertura anche al gentil sesso.
Il cocktail è assolutamente un protagonista della letteratura dei cocktail.
Viene citato dai libri “Drink-how to mix and serve” di Paul E. Lowe del 1909 e nel “The Old Waldorf Astoria Bar Book” di Albert.S. Crocket.
Dopo un periodo di oblio ricompare nel 1961 nel ricettario Iba ed ha la sua consacrazione nel 2011 quando viene inserito negli Indimenticabili della lista internazionale.
(grazie a Stefano Nincevich. Bargiornale XXXVI n°4)

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